Amarezze chiamate per nome
“Quando giunsero a Mara, non potevano bere l’acqua di Mara, perché era amara; perciò quel luogo fu chiamato Mara” (Esodo 15:23)
Attraversato il mar Rosso, gli israeliti si misero in viaggio verso la terra promessa. Dopo tre giorni di cammino nel deserto, si fermarono presso un corso d’acqua convinti di potervi soddisfare la loro sete. Quelle acque, però, non erano potabili. La delusione fu cocente e qualcuno pensò di definire quel luogo: “Amarezza”.
Poteva sembrare soltanto una reazione istintiva.
In realtà significava rintracciare e fissare la vera fonte di quell’amarezza non in una località, ma nel loro modo istintivo di fidarsi delle apparenze piuttosto che della guida divina.
Le delusioni più grandi vengono non da luoghi o fatti, neanche dagli altri; provengono dal nostro stesso cuore, che spesso si adagia sulle impressioni invece di riposare sulle promesse del Signore. Egli non illude, non prende in giro e quindi non delude. Perciò ci condurrà alla pienezza spirituale dopo averci fatto identificare la causa della nostra rabbia ed insoddisfazione.
Grazie all’opera di Cristo sulla croce, da una frustrazione che doveva far scorrere amarezza, avvelenando le anime con il germe della contenziosità, Dio può condurci alla dolcezza interiore, può dare luogo a profonda mansuetudine nella nostra vita. La sua Parola insegna che le delusioni non vanno generalizzate, estese a tutto e addebitate a tutti. Vanno circostanziate, confinate a un triste fatto, delimitate ad un episodio da superare. Esse costituiscono una parentesi per chi ha trovato il vero ristoro in Cristo, per quanti sono diretti verso la gloria eterna.
Come Adamo diede un nome agli animali per governarli, così possiamo chiamare per nome le nostre amarezze e addomesticarle, perché il Signore governa e cura l’anima nostra. L’amarezza non abbia spazio in noi, non ci accompagni. Rimanga lì, a evaporare nel deserto, dove e quando certe delusioni hanno avuto luogo.
Buona settimana con il Signore.
Alessandro Cravana