Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: “Non piangere!” [Luca 7:13]

AUTOREVOLE CONSOLAZIONE

Questa donna galilea aveva perso tutto quello che aveva, sul piano affettivo e del sostegno materiale. Piangere è per lei una valvola di sfogo di cui il Creatore stesso ha dotato la creatura umana. Con le lacrime si possono espellere amarezze e scorie interiori che altrimenti si condensano e avvelenano.

Eppure Gesù la invita a smettere di piangere. Egli non è incapace di compenetrarsi nella sua sofferenza, in quel che di tragico le è accaduto. In realtà, vuole fare aprire la sua angoscia a quello che Egli desidera fare per lei, vuole farla protendere verso una consolazione insperata.

Talvolta potremmo giudicare poco empatica l’esortazione divina, non comprensiva della fragile umanità. Il Signore però conosce la nostra natura meglio di noi stessi e sa quando il pianto esaurisce ogni salutare funzione emotiva finendo per accecare l’anima e renderla insensibile alle questioni vitali ed eterne. Allora la commozione può esprimere una tristezza senza speranza, spesso soltanto una sterile forma di autocommiserazione.

Il Signore ti parla e non mira semplicemente a tirarti su il morale. Perciò non piangere senza confidare in Cristo, che ha in serbo un mirabile conforto.