L’argomento non è un tabù da evitare; il vino è menzionato oltre duecento volte nella Bibbia. Chiedersi se o fin dove per i cristiani sia spiritualmente ammissibile bere alcolici esprime ragionevole sensibilità.
L’USO MODERATO È LEGITTIMO
Nelle Scritture non troviamo esortazioni categoriche a bere vino, birra, distillati o simili.
La raccomandazione paterna dell’apostolo Paolo al giovane Timoteo va letta come un semplice consiglio, senza fissarla quale regola o comando per tutti i cristiani (I Tim. 5:23).
Anticamente l’acqua era piena di batteri, causando insufficienza gastrica, dissenteria e altri malesseri. Il vino era molto meno contaminato per via della fermentazione, quindi costituiva un disinfettante naturale; perciò si ingeriva o lo si spargeva sul corpo (Luca 10:34).
D’altra parte, la stessa Bibbia non proibisce in senso assoluto di bere alcolici.
Queste bevande sono citate come provvedute dal Creatore, insieme ai più comuni alimenti
(Sal. 104:14-15; Eccl. 9:7; Isa. 55:1; Amos 9:14).
Gesù, occasionalmente, ha bevuto il vino e ad un convito nuziale ha trasformato l’acqua in vino (Mat. 26:29; Luca 7:33-34; Giov. 2:9-10).
NOTA: secondo alcuni il vino creato da Gesù trasformando l’acqua alle nozze di Cana, quello usato durante l’ultima Cena, quello consigliato da Paolo a Timoteo era vino “nuovo” analcolico.
In realtà, constatiamo una distinzione tra il succo d’uva appena spremuto (Gen. 40:11), il mosto non ancora fermentato (Zacc. 9:17) ed il vino nuovo con gradazione alcolica (Osea 4:11; Mat. 9:17).
Pertanto, stabilire se consumare modeste quantità di alcolici o astenersene dovrebbe costituire una questione di sensibilità, di valutazione e gusto personale (I Tim. 4:3-4).
Tuttavia la libertà di coscienza va esercitata sempre alla luce della Parola di Dio (I Cor. 10:31).
Dal consiglio di Paolo a Timoteo traspare un principio di moderazione: “Un po’ di vino” [e non vino soltanto …] (I Tim. 5:23).
L’ABUSO È ILLEGITTIMO
La Parola di Dio condanna l’ubriachezza e preavvisa sui suoi dannosi effetti (Prov. 23:20-21, 29-30; I Cor. 6:10).
Peccano quanti consumano fuori misura vino o liquori (I Tim. 3:8; I Pie. 4:3-4).
La specifica quantità di alcol che ciascuno può assumere va pure rapportato alla diversa capacità individuale, ma certamente occorre fermarsi ben prima della soglia di offuscamento mentale e laddove possiamo turbare altri (Isa. 5:22; Rom. 14:21).
È inoltre sconsiderato assumere alcolici fuori tempo, seppure in piccole dosi (Isa. 5:11; Eccl. 3:1).
NOTA: ad esempio, quando ci si reca sul posto di lavoro, specialmente se si devono manovrare macchinari potenzialmente pericolosi. Così pure quando dobbiamo metterci alla guida di un’automobile, poiché esso diminuisce la capacità visiva e i riflessi motori.
Risulta pure autolesionista bere alcolici mentre si assumono farmaci, perché i composti chimici interagiscono producendo effetti deleteri.
Il credente deve poi considerare un insano bere fuori luogo, soprattutto le “controindicazioni spirituali” legate all’offerta del culto al Signore, da soli o partecipando ad una riunione della chiesa.
È un dato di fatto che certe quantità di alcol, pur non rendendoci euforici, possono offuscare le nostre facoltà mentali e morali (Prov. 31:4-5; Osea 4:11).
Si pone quindi come doveroso un particolare contegno o perfino astenerci dal bere per onorare e glorificare il Signore con il meglio di noi stessi (Isa. 28:7; Atti 2:15; Efes. 5:18; I Pie. 4:7).
Ricordiamo i sacerdoti ebrei, ai quali, nell’esercizio delle loro funzioni, fu prescritto di non assumere alcuna bevanda alcolica, affinché non confondessero il sacro con il profano (Lev. 10:8-9).
LA DIPENDENZA È SCHIAVITÙ
L’alcolismo è l’intossicazione dell’organismo prodotta dall’uso costante e prolungato di bevande alcoliche. Questa è una soglia che chiunque può oltrepassare inconsapevolmente.
Da ricerche mediche eseguite presso centri specializzati per alcolisti, è stato riscontrato che bastano cinque o sei anni di “libagioni” cioè abbondanti bevute di alcolici, anche non troppo consistenti ma regolari, perché nell’organismo si determinino modifiche permanenti.
Ciò non si riferisce tanto agli effetti molto noti dell’alcol sul cuore, sullo stomaco sul fegato, quanto ai meno conosciuti danni arrecati al cervello, in cui si instaura la dipendenza.
Quando arriva al cervello, l’alcol crea un temporaneo stato di martellante disordine, provocando una specie di onda d’urto (Prov. 20:1).
Con gli anni le modifiche alle membrane encefaliche divengono permanenti e si creano addirittura piccole lesioni cerebrali.
Il cervello perde la capacità di ristabilire l’equilibrio originario, si crea allora un nuovo stato: il cervello, abituatosi all’alcol, si è “alcolizzato”.
L’alcol diventa una droga, un’abitudine di cui non si può più fare a meno (Prov. 23:31-35).
NOTA: un opuscolo del Ministero della Salute italiano dichiara: “L’alcol è una sostanza tossica superiore alle droghe illegali più conosciute”.
In Europa muoiono oltre 115.000 persone all’anno per alcool: dieci volte in più dei morti per eroina.
Ci si può avvicinare all’alcol con predisposizioni tanto sottovalutate quanto pericolose, le quali facilmente renderanno succubi di esso: per divertimento, per provare stimoli ed ebbrezza o con l’intento di dimenticare problemi, insoddisfazioni ed ansietà.
Ogni sostegno che vuole sostituire l’azione dello Spirito Santo, però, ci lascia vuoti e confusi, tanto che, senza quasi rendersene conto, si rimane incatenati dal vizio, con le sue distruttive conseguenze (Isa. 56:12; Luca 21:34).
Per soddisfare l’anima inaridita ed assetata rimane una sola fonte di vita: Gesù Cristo!
(Giov. 10:10; Apoc. 22:17).
Alessandro Cravana