L’adorazione, nella sua essenza, è il culto reso alla divinità per la sua imparagonabile gloria eccelsa (Sal. 29:1-2). La sfera della sua applicazione può essere sia ristretta sia più estesa.
IL SIGNIFICATO GENERICO
La Versione della Bibbia in latino usa il termine “ad - orare” [“attinente al pregare”] per intendere che ogni espressione di preghiera e di culto deve glorificare Dio (I Cor. 14:24-25; Apoc. 7:11-12).
L’adorazione comprende il servizio a Dio offerto nelle sue varie forme (Eso. 20:4-5; I Pie. 4:11).
Anche la richiesta è inclusa nell’adorazione in quanto esercizio interiore di fede che innalza Dio, stimato degno di assoluta credibilità (Efes. 3:20-21).
La priorità dell’adoratore, pur presentando bisogni materiali e problemi, è onorare il Signore: così nella preghiera egli non mira soltanto ad essere liberato da un problema, ma chiede innanzitutto di essere preservato dal peccato che offende Dio e separa da Lui (Giob. 1:20-22; Mat. 6:9-10).
IL SIGNIFICATO SPECIFICO
In senso specifico, “adorare” riguarda la contemplazione ed esaltazione degli attributi unici ed insondabili della natura perfetta di Dio (Neh. 9:5-6).
Dio è riconosciuto come l’assoluto Signore dell’universo, la cui maestà è appartata al di sopra di ogni altro trono ed autorità (Ebr. 1:6; Apoc. 11:16-17).
L’adoratore sperimenta un profondo equilibro tra la riverenza suscitata dalla grandezza trascendente di Dio e l’attrazione per la sua bellezza, la passione per le sue qualità gloriose (Sal. 27:4; 132:7; 145:5; Rom. 1:20-21).
L’INSEGNAMENTO DI CRISTO
Gesù ha riassunto in “adorare” (Mat. 6:10) i due verbi cardine del culto a Dio (Deut. 6:4-5, 13-14).
Nel Nuovo Testamento il termine greco fondamentale è “proskuneo”, che letteralmente significa “prostrarsi e baciare” (Apoc. 5:8; 11:16; cfr. I Re 19:18).
Questo vocabolo composto espone ancora le due componenti base dell’adorazione:
il rispetto timoroso, che fa umilmente abbassare e riconoscere la distanza dalla deità [prostrarsi]
(Sal. 5:7; 95:6; Apoc. 15:4);
il contatto affettuoso, che fa devotamente elevare per cercare comunione con la deità [baciare]
(Sal. 18:1; 27:4).
L’atteggiamento umano che riconosce la signoria di Gesù esprime questo duplice moto di avvicinamento e distanziamento rispetto alla gloria della santità divina (Mat. 28:9; Luca 5:8).
Gesù ha rinnovato l’esperienza dell’adorazione, chiamando a realizzare una più profonda conoscenza di Dio. Egli ha reso possibile un nuovo modello spirituale in cui l’adoratore stesso diviene il tempio del Signore (Giov. 4:21-24; I Pie. 2:5).
L’adorazione rimane ancorata all’obbedienza della Parola di Dio (I Sam. 15:22; Sal. 95:6-8; Mat. 15:8-9; Giov. 14:23).
Tuttavia, l’intimità della comunione con il Padre supera quella legata all’Antico patto, trasformando progressivamente “l’adoratore-tempio” (II Cor. 3:17-18; Filip. 3:2-3).
ADORAZIONE E GRATIFICAZIONE
Adorare Dio è lo scopo supremo per cui l’uomo è stato creato e, ancor più, rigenerato; perciò esso in tale attività trova la massima realizzazione della propria vita.
Bisogna constatare come negli ambienti evangelici, pur tra tante novità coreografiche, lo spessore dell’adorazione cristiana si assottigli. Tuttavia, la chiesa che comprende l’adorazione biblica e le da il giusto ruolo resta un popolo forte, dotato dei più resistenti anticorpi spirituali (Sal. 138:1-3).
Il vero adoratore manifesta la matura consapevole di fede che l’aspetto più importante nel proprio culto al Signore non sta nel fatto che questo appaia abitudinario oppure originale ed attraente ai sensi naturali: ciò è relativo: il culto offerto deve essere innanzitutto gradito a Dio (Ebr. 12:28).
Alessandro Cravana