Quanti assistono a riunioni di culto evangeliche notano, oltre alla mancanza di statue, altari e candele odorose, anche l’assenza di preghiere prestabilite, lette o dette a memoria, tra le quali spicca il “Padre Nostro”, che alcune Chiese cristiane hanno introdotto nelle loro liturgie.
UN MODELLO DI ATTEGGIAMENTO SPIRITUALE
In effetti questa è la sola preghiera che Gesù ha insegnato, tuttavia non come una formula fissa di preghiera da recitare. D’altronde, se avesse dovuto costituire la preghiera ufficiale della Chiesa, avremmo un testo unico del Padre Nostro, invece è riportato in forme diverse da due Vangeli (Mat. 6:9-13; Luca 11:2-4).
Gesù ha mostrato qual’era il suo modo di pregare: spontaneo, libero e, al contempo, sottomesso al Padre (Giov. 17:1).
Un modo di pregare che coltiva l’amicizia di Dio e rende familiari con Dio (Luca 11:5-10), opposto a quello mondano, dettato da istinti naturali e impulsi egoistici (Mat. 6:7-8; Giac. 4:3-4).
Il Padre Nostro rappresenta il giusto modo di accostarsi a Dio in ogni tempo: la fiduciosa apertura del cuore alla santa e sovrana volontà del Signore che deve animare coloro che pregano (Luca 11:11-13; I Giov. 5:14-15).
Il fatto che la prima Chiesa non abbia mai recitato il Padre Nostro conferma che esso è soltanto un modello spirituale esemplificativo: indica come pregare, con quali elementi interiori.
UNO SCHEMA DI PRIORITÀ CELESTI
Il Padre Nostro mostra anche quali sono i momenti della preghiera intesa quale comunione con Dio, che non può esaurirsi a delle invocazioni isolate per i bisogni materiali né spirituali, tracciando uno schema di massima dei possibili soggetti, ordinati secondo la gloria del Regno dei cieli (Mat. 6:31-34).
Il nome di Dio santificato (Mat. 6:9).
Il Regno di Dio invocato (Mat. 6:10).
Le necessità materiali quotidiane (Mat. 6:11).
La remissione dei debiti spirituali (Mat. 6:12, 14).
Il sostegno nelle prove e nelle tentazioni (Mat. 6:13).
UNA TRADIZIONE RIVEDIBILE
Và notato che Gesù, proprio nel contesto in cui istruisce nel pregare, condanna la religiosità meccanica, distratta e ipocrita (Mat. 6:5-8).
Alla luce delle Scritture, riscontriamo che è stata tramandata una frase del Padre Nostro mutata rispetto ai testi dei Vangeli, laddove Gesù dice: “Non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno” (Mat. 6:13).
L’espressione comune è invece diventata: “Non ci indurre in tentazione e liberaci dal male”.
Questa proietta ombre sulla natura di Dio e sulle strategie diaboliche, ombre però diradate dalla luce biblica (Giac. 1:13-14; Mat. 26:41; Giov. 17:15; Luca 22:31-32)
In ultima analisi, non si vuole certo dire che l’uso popolare di recitare il Padre Nostro sia commettere una eresia o una infrazione spirituale, tuttavia recitare qualsiasi preghiera fa inevitabilmente passare dalla viva perseveranza alla fredda ripetitività, risultando quasi sempre un segno di carenza o immaturità spirituale nell’esprimere richieste e lodi a Dio (Mat. 15:8; Efes. 6:18-19).
UNA PREGHIERA ADEMPIUTA
Nel libro degli Atti degli Apostoli troviamo diversi (17) riferimenti a preghiere individuali e comunitarie, nelle quali non si cita il Padre Nostro, ma si ritrova la sovranità del Regno divino delineata da Gesù (Atti 4:24-30).
Da ciò e da altre dichiarazioni di Gesù sulla preghiera, possiamo dedurre che il Padre Nostro era un insegnamento per il periodo precedente alla sua resurrezione (Giov. 14:13-14;16:23-27).
Ai figli di Dio è richiesto non un culto legato a luoghi, riti e formule, bensì l’adorazione “in spirito e verità” (Giov. 4:23-24; Gal. 4:6; Giuda 20).
Alessandro Cravana