La Donazione degli Organi

La donazione degli organi è una delicata tematica che suscita vari dibattiti etici e crisi religiose.

 

LA NORMATIVA GIURIDICA

La legge consente l’espianto di parti del corpo umano nello stato di “morte encefalica”, cioè quando il cervello ha perso la capacità di funzionare a causa di lesioni irreversibili.

Oltre ad Organi (cuore, reni, fegato, polmoni, pancreas, intestino) e Tessuti (pelle, ossa, tendini, cartilagine, cornee, valvole cardiache e vasi sanguigni) è ora possibile impiantare anche i così detti Insiemi complessi, come gli arti.

Il processo legislativo cerca una sintesi tra la facoltà del chirurgo, sostenute da un’emergenza sanitaria, e facoltà dei familiari del defunto, sostenute da elementari diritti umani.

Attualmente, l’articolo 23 della Legge n. 91 (aprile 1999) prescrive che prima dell’applicazione del “silenzio assenso”, sia data facoltà (non l’obbligo) ai cittadini di esprimere la propria volontà con una dichiarazione scritta. Chi non si esprime, lascia la possibilità di opposizione al prelievo degli organi da parte del coniuge, dei figli e dei genitori.

Tuttavia, sono allo studio alcuni disegni di legge in cui pare prevalere la strada del silenzio assenso.

 

GLI ASPETTI ETICI

Riflettendo le posizioni intellettuali coinvolte nell’argomento ed un certo travaglio morale, esso è caratterizzato da vari ripensamenti e mutamenti.

Le posizioni ideologiche ed etiche radicate nella “coscienza sociale” sono sostanzialmente due.

Su un fronte stanno coloro che reputano il prelievo di parti del corpo di un defunto come un sacrilegio contro la dignità della persona, la quale va rispettata ancora di più nella sua morte.

Tra questi, pure medici che valutano l’impianto di organi un’azione contro natura e poco risolutiva.

Sull’altro fronte sono schierati quanti stimano tali trapianti come nobili gesti di carità ed altruismo, per salvare vite umane o rendere migliore l’esistenza di chi è afflitto da patologie invalidanti.

Inoltre i trapianti sono considerati fattori capaci di alleviare il dolore di quanti hanno subito un lutto.  

 

LE INDICAZIONI BIBLICHE

La Parola del Signore insegna la sovranità divina sul corpo umano, verità che conduce a non avere mai propositi distruttivi o vanagloriosi verso esso (I Cor. 6:19, 20; Efes. 5:29).

D’altra parte, la Scrittura chiama i cristiani ad aiutare e confortare gli altri con i propri beni fisici e materiali, perfino con il dono della propria vita (Gal. 4:13-15; I Giov. 3:16, 17).

Allora, fin dove ciò è possibile, perché non sovvenire con i propri organi e tessuti? 

Per i redenti, tuttavia, la questione è più profonda che fare del bene: ogni loro azione solidale, con la vita o la morte, deve essere un gesto d’amore e servizio reso al Signore (I Cor. 13:3).

Pertanto, una tale volontà donatrice non va decretata da qualche “normativa confessionale” applicata in modo coatto, bensì nella sincerità del servizio personale al Signore (II Cor. 9:7).

Allo stesso modo, il credente può disporre dei propri cari defunti esercitando libertà di coscienza, in base alla luce ricevuta dalla Bibbia e nell’intima comunione con Dio (che può rivelare di voler sanare).

In generale, è buono cercare quelle posizioni che assecondano l’armonia in famiglia e la testimonianza dell’Evangelo (Ebr. 12:14).

Per tali ragioni è invece da escludere il trapianto mercenario, che prevede il pagamento di un compenso ad un donatore vivente di organi (Giov. 15:13; Filip. 1:20).

Dunque, non vi è un divieto biblico alla donazione di organi “dopo morte”, anche perché questa non compromette la perfezione della risurrezione, in quanto il corpo corruttibile del credente verrà comunque trasformato e glorificato dal Signore, oltre ogni sua limitazione terrena (I Cor. 15:50-53).

 

Alessandro Cravana

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