La cremazione dei cadaveri è una pratica funebre antica, adottata in passato da molti popoli in quasi tutti i continenti.
Presso i Greci e gli Etruschi bruciare i cadaveri era effettuato innanzitutto come un rito religioso, considerato un atto di purificazione e di liberazione dello spirito.
Il fuoco talvolta è stato inteso anche come una fiaccola per illuminare il passaggio nell’aldilà o per impedire il ritorno dei defunti tra i vivi.
A motivi superstiziosi, se ne sommano altri sanitari, sociali e logistici.
LA SEPOLTURA TRA IL POPOLO DI DIO
Diversamente dall’uso invalso fra le nazioni pagane, in Israele i corpi dei defunti non erano bruciati, neanche nella morte di malati contagiosi (Gen. 23:19; 25:9-10; II Cron. 26:23).
I casi eccezionali in cui il Signore ordina di bruciare con il fuoco chi commetteva un abominio, costituiscono una particolare condanna mirata a evidenziare la Sua ardente ira e la severità del giudizio (Lev. 20:14; Gios. 7:25-26).
Tali particolarità non potevano in alcun modo essere poste a precedente per legittimare l’accanimento contro i nemici e tantomeno possono essere prese a riferimento nelle pratiche funebri. Bruciare e sbriciolare le ossa è un atto condannato dal Signore (Amos 2:1).
La Scrittura non dice: “Che le ceneri tornino alla terra”, ma afferma: “Che la polvere torni alla terra com’era prima …” (Eccl. 12:9).
Fu praticata l’inumazione [dal verbo inumare, che deriva dal latino in- humus, cioè “nella terra”], collegata alla speranza nell’avvento del divino Redentore e della risurrezione (Gen. 50:24-25; Giob. 19:25-26; Atti 2:29-31).
I cadaveri erano preservati da una rapida decomposizione mediante una sepoltura sigillata e con trattamenti naturali uniti a bendaggi (Giov. 11:38, 44; 19:40).
Dio stesso non dissolse il corpo di Mosè, malgrado il rischio che questo divenisse oggetto di insana venerazione, ma lo seppellì in un luogo ignoto (Deut. 34:5-6).
Gesù, parlando della Sua sepoltura si riferì chiaramente alla inumazione (Mat. 26:12).
Da notare che il sacrificio di Gesù era stato prefigurato per secoli anche attraverso il sacrificio di animali che poi venivano arsi, tuttavia il Suo corpo non fu bruciato (Ebr. 13:11-12).
LE NORMATIVE CIMITERIALI NELLE SOCIETÀ
Al tempo della prima Chiesa, i Romani promuovevano la cremazione oltre che per ragioni igieniche ed urbanistiche, anche con un’idea compassionevole per la dignità del defunto, cioè per evitarne l’umiliante disfacimento.
Napoleone Bonaparte emanò l’Editto di Saint Cloud (1805), che ha reso obbligatoria l’inumazione in cimiteri extraurbani, ponendo le basi delle odierne norme di diritto cimiteriale.
In Italia, con la Legge 440 del 1987 la cremazione è un servizio pubblico gratuito dato dai Comuni.
Nel marzo 2001 è stata promulgata la Legge 130, con cui viene meno l’obbligo di conservazione nei cimiteri delle ceneri, ora consegnate ai familiari, ed il divieto della dispersione di queste, che potrà essere effettuata in spazi aperti (mare, boschi, montagna), in aree private o in spazi riservati all'interno dei cimiteri, ma non all’interno dei centri urbani. È anche possibile conservare l’urna in casa, purché vi sia riportato il nome del defunto.
LA TESTIMONIANZA DELLA FEDE CRISTIANA
Tra i cristiani si è continuato a praticare la sepoltura (Atti 5:6, 10; 8:2). La costruzione delle catacombe romane, quei vasti “cimiteri” cristiani che si diramano per oltre 40 chilometri nel sottosuolo della città di Roma, sono ancora una testimonianza della fede in Cristo che ha vinto la morte!
Con l’inumazione si lasciava al Signore piena sovranità sul corpo fisico (Rom. 14:8-9; Filip. 1:20).
La distruzione immediata delle salme fu considerata contraria alla signoria di Dio sulla vita umana e al rispetto del corpo fisico che Egli ha creato (I Cor. 3:16-17).
La cremazione non risulta consona alla chiarezza della speranza cristiana, la quale è celeste, e non sostiene la testimonianza evangelica, che parla di corpi seminati (I Cor. 15:35-38, 42-43).
In realtà, la cremazione è stata sempre voluta dagli atei soprattutto per affermare che con la morte finisce tutto, come proverebbe la dissoluzione del corpo.
Pertanto, disporre l’incenerimento delle proprie spoglie mortali, risulta una pratica sconsigliabile anche perché può indurre gli altri ad accomunare questa decisione con certe motivazioni materialiste o religiose non cristiane.
Secondo la rivelazione divina, lo spirito umano non è affatto prigioniero del corpo e non sarà la distruzione di quel che Dio ha creato a liberarlo (Luca 16:22; II Cor. 5:4-5).
La cremazione va dunque evitata non nel timore che i corpi non possano risorgere dalle ceneri, poiché al riguardo le Scritture rivelano l’onnipotente opera divina, bensì per onorare in ogni cosa la gloriosa opera di trasformazione promessa dal Signore, che Cristo ha cominciato e porterà a compimento nei redenti (I Cor. 15:51-54; Filip. 3:20- 21).
Alessandro Cravana